via Plebiscito è una lunga strada che attraversa il centro storico di Catania.
La conoscono tutti, anche perché lì c’è l’Ospedale Vittorio Emanuele.
Molti non lo sanno, ma Jerry siculo è!
E' nato proprio in quella via. Non in ospedale, però, ma qualche civico più in là, al 716. Se volete le coordinate esatte, si è affacciato al mondo mentre sua mamma era stesa sul tavolo della sala da pranzo di quella che era la casa dei suoi genitori.
Si usava così allora in Sicilia, proprio per questo, ai numerosi nonni, zie, cognati, biscugini che affollavano quella casa dalle tante stanze sarà sembrata una trasgressione l’assenza di suo padre in un momento così importante. «Unni è Turiddu?»
Turiddu, cioè Salvatore Calà, era a Roma, bloccato dal lavoro. Oggi le mamme, tra una contrazione e l’altra, mandano ai mariti un whatsapp con scritto «Sei diventato papà», seguito da una raffica di emoji, faccine, fiocchi e biberon. Allora le notizie viaggiavano lentamente, e le persone ancora di più. Così, mentre lui lanciava i suoi primi strilli suo padre continuava, ignaro, a fare l’interprete all’aeroporto di Ciampino, dove lavorava come steward di terra per la BOAC, che poi sarebbe diventata la British Airways.
Era il 28 giugno 1951, e Jerry si aggiungeva ai quarantasette milioni e mezzo di italiani che stavano cercando di superare le conseguenze della guerra ed erano pieni di voglia di ricominciare.
La casa dei suoi nonni materni era immensa, una di quelle tipiche residenze siciliane enormi, con un sacco di stanze. Era sempre affollata di parenti, amici e compari, ma in quel giorno d’estate in cui è nato Jerry, il numero si era triplicato.
Tra loro si aggirava anche suo nonno paterno, preoccupato per una cosa: come tutti i siciliani, anche lui era legato a consuetudini che non potevano essere cambiate. Tradizione: bisogna chiamare il primo nipote maschio con il nome del nonno paterno. Problema: il nonno si chiama Calogero!
La mamma di Jerry, non aveva alcuna intenzione di dargli quel nome, che sarà anche di buon auspicio – significa «colui che farà una buona vecchiaia», – ma è davvero pesante per un bambino. La mamma aveva anche trovato una soluzione: in quegli anni era diffusa l’abitudine di mettere più nomi ai nuovi nati. Si sarei dunque chiamato Alessandro di primo nome, con la speranza di far scivolare nelle retrovie Calogero, come secondo o terzo nome.
Di solito è il papà che con orgoglio va a registrare la nascita e a comunicare i nomi. Ma il suo era a Roma a smistare i viaggiatori. Così nonno Calogero si fece volentieri carico di andare all’anagrafe per registrare il neonato Alessandro Calà.
Pochi giorni dopo suo padre riuscì finalmente a liberarsi e arrivò di corsa a Catania per prendere Jerry tra le sue braccia. E anche lui, come sua madre, le zie, gli zii e gli amici di famiglia che andavano e venivano dal 716 di via Plebiscito, iniziò a chiamarlo Sandro, Sandruccio, Sandrino... Fin quando il nonno paterno, all’ennesimo Sandro, sbottò e disse: «Ca quale Sandruccio? Calogero se chiama!»
Scompiglio nella famiglia! Ma lui, serafico, diede la notizia: «Sì, per primo nome Calogero ci misi!» In quel momento svanì ogni speranza per Jerry di avere un nome umano, e così si chiamò Calogero. L’unica possibilità di salvezza era il ricorso a un diminutivo. In Sicilia il suo nome ne ha ben due: uno più popolano, Liddu, con le «d» forti e pastose, e l’altro più aulico, Geri. Senza pensarci due volte sua mamma puntò su quest’ultimo, e da allora i suoi lo hanno sempre chiamato così: Geri, con una sola «r».
Jerry se lo impose da solo quando arrivò a Milano. Erano gli anni in cui spopolava Jerry Lewis e lui, pur essendo piccolo, già iniziava a fare lo scemo e imitava; o meglio, imitava Celentano che imitava Jerry Lewis.